La radiografia non è l’esclusivo mezzo di prova per il “colpo di frusta”

Il tema delle lesioni del rachide cervicale (c.d. “colpo di frusta”), come noto, è un argomento ricorrente in ambito sinistri RCA, tanto che nella stessa sentenza che di seguito analizzeremo si legge come “le richieste di risarcimento per lesioni di lieve entità sono, ai fini statistici che assumono grande rilevanza per la gestione del sistema assicurativo, le più numerose; per cui, nonostante il loro modesto contenuto economico, esse comportano comunque ingenti costi collettivi.”

Ciò premesso, oggi segnaliamo la pronuncia emessa dalla Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19/01/2018 n. 1272, con cui la Suprema Corte ribadisce un principio di diritto rilevante, afferente il risarcimento del danno alla salute nelle c.d. micropermanenti:

“[…] l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale.”.

La sentenza in parola conferma, pienamente, l’indirizzo giurisprudenziale delineato dalla decisione della Corte di Cassazione 26 settembre 2016, n. 18773, e fornisce al contempo alcune precisazioni.

In particolare, viene chiarito che la Legge, 24/03/2012 n. 27 – mediante i “celebri” commi 3-ter e 3-quater dell’art. 32 che hanno modificato il sistema risarcitorio dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni – aveva la finalità di stimolare i magistrati, gli avvocati e i consulenti tecnici “…ad un rigoroso accertamento dell’effettiva esistenza delle patologie di modesta entità” ovvero quelle che si individuano per gli esiti permanenti contenuti entro la soglia del 9 per cento.

Ebbene, oggi la Suprema Corte dichiara che il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere non può essere inteso, tuttavia, nel senso che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l’accertamento clinico strumentale; posto che è sempre e soltanto l’accertamento medico legale svolto in conformità alle leges artis a stabilire se la lesione sussista e quale percentuale sia ad essa ricollegabile.

In altri termini, prosegue nella Sua motivazione la Cassazione, l’accertamento medico non può essere <<imbrigliato>> con un vincolo probatorio che, ove effettivamente fosse posto per legge, condurrebbe a dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, atteso che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo deve essere conforme a criteri di ragionevolezza.

In definitiva, allorquando, come nel caso di specie affrontato dalla Cassazione, si è in presenza della classica patologia da sinistro stradale, ovverosia la lesione del rachide cervicale nota comunemente come colpo di frusta:

È evidente che il c.t.u. non può limitarsi, di fronte a simile patologia, a dichiararla accertata sulla base del dato puro e semplice – e in sostanza non verificabile – del dolore più o meno accentuato che il danneggiato riferisca; l’accertamento clinico strumentale sarà in simili casi, con ogni probabilità, lo strumento decisivo che consentirà al c.t.u., fermo restando il ruolo insostituibile della visita medico legale e dell’esperienza clinica dello specialista, di rassegnare al giudice una conclusione scientificamente documentata e giuridicamente ineccepibile, che è ciò che la legge attualmente richiede.”.