L’assicurato ha l’onere di provare che il rischio avveratosi rientri in quelli inclusi in garanzia
Oggi portiamo alla Vostra attenzione una pronuncia recente della Corte di Cassazione – sezione terza civile, ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1558 – con cui la Suprema Corte, oltre a ribadire un principio di diritto rilevante in tema di onere della prova gravante sull’assicurato/attore, affronta il tema delle categorie di rischi che caratterizzano il contratto di assicurazione.
Innanzitutto, il principio di diritto affermato dalla Cassazione è il seguente:
“Nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore, ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo assicurativo, è onere dell’attore provare che il rischio avveratosi rientri nei “rischi inclusi”, ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa. Se il contratto contiene clausole di delimitazione del rischio indennizzabile (soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali), la sussistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione di tali clausole costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore.”.
Ebbene, prima di arrivare all’enunciazione del suddetto principio, la Corte, nella pronuncia in parola, procede ad un’analisi dei rischi previsti, generalmente, nei contratti di assicurazione, definendoli come rischi delimitati, i quali, attraverso patti di vario genere, circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti.
Ciò premesso, continua la Suprema Corte, per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è, teoricamente, esposto possono essere classificati in tre categorie:
- i rischi inclusi, per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo;
- i rischi esclusi, del tutto estranei al contratto, come ad esempio il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile;
- i rischi non compresi, ovvero quelli che, astrattamente, rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma la cui indennizzabilità è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio, come ad esempio avviene in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, allorquando si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine.
Infine, la Corte di Cassazione illustra gli effetti che tale distinzione proietta sul piano del riparto dell’onere della prova:
“La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i <<rischi inclusi>> è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato.
La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi <<non compresi>> costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore. Tale circostanza infatti non rappresenta un fatto costitutivo della domanda, ma un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, e come tale deve essere dimostrato da chi quell’eccezione intenda sollevare.”.